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Chi è Laura, la vincitrice del Premio Studio Tre per traduttori?

Studio Tre Università Bologna DIT Dipartimento Interpretariato Traduzione
Dopo Beatrice, è giunto il momento di conoscere Laura, vincitrice del premio “Studio Tre” per traduttori assegnato al/la miglior/e neolaureato/a del DIT – Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna.

Laura Giannoni è, prima di tutto, un’appassionata di belle storie ed un’amante di tutti gli strumenti che possano raccontarle, che si tratti di una pièce teatrale, di un libro, di una canzone o di un film.

Sin da piccola ha avuto modo, grazie alla madre che scriveva commedie e le metteva in scena con una compagnia locale, di frequentare il teatro della propria città imparando così il rapporto tra parola, gestualità, musica, danza, vocalità e suoni. Parola, vocalità e suoni sono quindi diventati il suo interesse principale, un interesse così forte da influenzarne il percorso formativo e spingerla ad iscriversi prima a Mediazione Linguistica Interculturale e poi alla specialistica in Specialized Translation, conclusasi con una tesi sull’intelligenza artificiale applicata alla traduzione audiovisiva.

Ora lasciamo la parola a Laura!

Laura, perché hai scelto questo percorso di studio?

Avete presente quei momenti in cui tante delle scelte che hai fatto seguendo solo curiosità, entusiasmo ed istinto, senza alcun secondo fine apparente, di colpo ti appaiono perfettamente coerenti con te stessa e con la tua vita? Questi sono i momenti che preferisco ed è stato proprio uno di questi ad aiutarmi a decidere quello che sarebbe stato il mio percorso formativo.

Avevo 11 anni quando ho detto ai miei genitori “C’è una cosa che vorrei fare da grande ma non credo sia un lavoro vero perché sarebbe troppo bello: voglio fare le voci nei videogiochi e nei film.”. Loro mi hanno guardata un po’ sorpresi e mi hanno spiegato che quel lavoro esisteva e che si chiamava “doppiaggio”. Ero estasiata, avevo scoperto che esisteva una professione in grado di coniugare molti dei miei interessi tra cui recitazione, lingue, film d’animazione e musica.

A quel punto studiare per fare le voci è diventato un chiodo fisso e così, dopo il liceo, ho intrapreso questo percorso di studi con il chiaro obiettivo di diventare traduttrice audiovisiva.

Quale è stato l’argomento che hai trattato nella tua tesi per la Laurea specialistica?

La mia tesi, Augmented Audiovisual Translation: The Perks and Perils of the Implementation of Artificial Intelligence in Subtitling and Dubbing, tratta l’applicazione di intelligenze artificiali nella traduzione audiovisiva e, nello specifico, dell’automatic speech recognition (ASR) per la fase di trascrizione e della speech synthesis per generare automaticamente il parlato e di deepfake acustici e visivi. È stato molto arricchente conoscere questi strumenti, testarne le potenzialità e osservare, a distanza di un solo anno, con quanta rapidità si siano evoluti, per esempio, nella verosimiglianza delle voci “sintetiche”.

Mi è anche capitato di dover fare uso di queste tecnologie in un lavoro come freelance e, grazie a questa esperienza, ho potuto avvalorare l’idea che era alla base della mia tesi: l’avvento di questi supporti strabilianti non deve intimorirci perché parliamo pur sempre di traduzione aumentata, nella quale la tecnologia affiancherà i linguisti senza però sostituirli.

Quali sono, oltre alle lingue, le tue passioni?

Direi che mi appassiono alle belle storie e, di conseguenza, a tutti gli strumenti che abbiamo per raccontarle: teatro, musica, arti visive… ma anche il mondo animale e naturale che, a modo suo, sa “raccontarsi” continuamente ed è, per me, la storia più misteriosa e affascinante di tutte. Mi piacciono le sfide e gli enigmi da risolvere ed è per questo che voglio continuare a studiare: il mondo è una fonte inesauribile di domande a cui sarebbe bello trovare una risposta.

Parlaci di come il premio Studio Tre ti ha aiutato, o ti aiuterà, a realizzare i tuoi progetti.

Investirò il premio nella formazione, spero proprio nel campo delle speech technologies, per integrare la mia formazione linguistica con competenze di informatica e neurolinguistica così da essere in grado di fronteggiare al meglio le rivoluzioni tecnologiche che ci attendono e magari, un giorno, di contribuirvi.

C’è qualche frase, in uno dei libri che hai letto, che senti particolarmente tua?

C’è una poesia in basco di Joxean Artze, poi diventata il testo della canzone Txoria Txori di Mikel Laboa, che nella sua brevità e semplicità racchiude una filosofia in cui mi riconosco molto. Dice: “Se gli avessi tagliato le ali, sarebbe stato mio, non mi sarebbe sfuggito. Ma in questo modo, non sarebbe più stato un uccello… e io, quello che amavo era un uccello”. Anche se malinconico in apparenza, lo considero un elogio della libertà e del coraggio che serve ad accogliere e amare le cose per quello che sono – anche lasciando la presa, quando necessario.

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