
Nel gennaio 2008 è morta Marie Smith Jones, meglio conosciuta come Udach’ Kuqax’a’a’ch’, un nome che significa “Un suono che richiama le persone da lontano”. Aveva 89 anni, era cieca, fumatrice accanita ed ex alcolista.
Ma chi era in realtà Marie e per quale motivo il giornalista canadese Mark Abley ha voluto raccontare la sua storia su The Guardian? Perché la sua morte è stata definita “non solo una tragedia personale, ma anche un disastro culturale”? Marie era l’ultima persona al mondo che parlava la lingua indigena degli Eyak, popolazione dell’Alaska meridionale, e la sua morte ha segnato la scomparsa di una lingua, ma anche dell’identità e della cultura di un intero popolo.
Le lingue non sono soltanto uno strumento di comunicazione: sono custodi di storia e tradizioni, hanno un ruolo fondamentale nell’educazione e nell’integrazione sociale. Nonostante il loro valore inestimabile, molte lingue in tutto in mondo si estinguono a una velocità allarmante e la maggioranza di queste sono proprio lingue indigene come quella degli Eyak. I numeri parlano chiaro: 370 milioni di persone che vivono in 90 paesi, pari a 5 mila culture e 2680 lingue indigene in pericolo in tutto il mondo.
Ecco perché, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone verso l’importanza delle lingue autoctone e di preservare la diversità culturale del nostro Pianeta, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2019 l’Anno Internazionale delle Lingue Indigene (#IYIL2019).
Un percorso iniziato nel 2007 con l’adozione della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni e che culmina, nel 2019, in una serie di eventi a livello internazionale che mirano ad ottenere un reale cambiamento sociale sui temi delle lingue indigene e dei diritti di coloro che le parlano perché, come diceva Federico Fellini, “Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita”.
Se vuoi conoscere le iniziative del IYIL2019, visita il sito: https://en.iyil2019.org/
*(ndr) awa’ahdah significa grazie nella lingua Eyak
Dopo Beatrice, è giunto il momento di conoscere Laura, vincitrice del premio “Studio Tre” per traduttori assegnato al/la miglior/e neolaureato/a del DIT – Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna.
Abbiamo trascorso la mattina del 13 maggio al fianco dei volontari di Rise Against Hunger Italia lavorando per combattere la fame. Scopri di più.
Studio Tre entra a far parte di Assobenefit, la prima associazione rappresentativa delle società Benefit in Italia!
Oggi conosciamo Beatrice, vincitrice del premio “Studio Tre” per interpreti che, ogni anno, viene assegnato al/la miglior/e neolaureato/a del DIT – Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
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