Spesso diamo per scontato il lavoro di un traduttore, senza renderci conto della complessità e delle responsabilità che questo lavoro comporta. Dietro ogni testo tradotto c’è una scelta, una ricerca approfondita, una comprensione che va oltre le parole per toccare la cultura, le sfumature e l’intento originale del messaggio.
In questa intervista, Elena, traduttrice, proofreader e project manager di Studio Tre, ci porta alla scoperta del mondo della traduzione: il suo percorso, le sfide quotidiane e l’evoluzione del settore dettata dalla tecnologia. Tra aneddoti storici, curiosità e casi pratici, emerge quanto sia fondamentale il lavoro del traduttore per garantire una comunicazione chiara, accurata e culturalmente appropriata.
Attraverso il dialogo con Elisa, responsabile marketing, esploreremo insieme il valore della traduzione e il suo impatto negli ambiti più diversi, dalla letteratura al business, dai sottotitoli ai documenti tecnici. Buona lettura!

Elisa: Elena, partiamo dall’inizio: come sei arrivata al mondo della traduzione?
Elena: Da bambina sognavo di fare l’archeologa, motivo per cui scelsi di frequentare il liceo classico. Lì mi cimentai con le mie prime traduzioni, dal latino e dal greco. È così che è nata la mia passione per le lingue e per tutto ciò che ruota attorno ad esse: la cultura, le abitudini, la storia, il modo di pensare e concepire il mondo, le persone che le parlano. La scelta degli studi successivi è stata la naturale conseguenza di questo amore: laurea in mediazione linguistica a Modena, seguita da una magistrale in traduzione specializzata a Forlì.
Elisa: Come mai hai scelto di tradurre attraverso la parola scritta facendo la traduttrice anziché con quella parlata diventando interprete?
Elena: Sono una persona piuttosto timida, che ama lavorare dietro le quinte e avere tempo per riflettere, per scegliere. Amo ascoltare le parole e cercare quelle giuste per ogni contesto. L’interprete invece deve prendere molte decisioni in pochissimo tempo: è un po’ come mettere a confronto un velocista e un maratoneta.
Elisa: In molti pensano che tradurre sia solo una questione di parole e grammatica. Cosa ne pensi?
Elena: Certo che no. La parola stessa “tradurre” viene dal latino trans ducere, “portare oltre”, trasportare oltre un confine lo “zaino” di ogni parola (per citare il titolo di un bellissimo podcast), pieno di significati, sfumature, relazioni semantiche, storia, riferimenti politici, economici… e trasferirlo in un nuovo mondo, cercando di offrire a questo “zaino” il modo migliore di esprimersi. La traduzione è viva, cambia in base a chi la fa e con il tempo, invecchia persino – con buona pace di chi vorrebbe standardizzarla e ridurla a una mera equazione matematica.
Elisa: Immagino che a volte ci si trovi di fronte a scelte difficili e che individuare la parola giusta porti con sé una grande responsabilità, sia nei confronti dell’autore che dei lettori. Ogni traduzione implica un equilibrio tra fedeltà al testo originale e adattamento alla cultura di destinazione. Ci faresti qualche esempio di traduzioni in cui è stato necessario prendere una decisione complessa, magari sacrificando un aspetto del testo per preservarne un altro?
Elena: Il mondo della letteratura e delle opere di fantasia, forse, è quello che meglio si presta per parlare della difficoltà di questo tipo di scelta e compromessi.
Pensa a Stranger Things: il nome della protagonista, Eleven, è stato tradotto in italiano con Undici per mantenere il riferimento numerico legato anche alle immagini. Se in inglese l’abbreviazione El ben si presta come nome proprio, non si può dire lo stesso per l’Undi italiano.
Un altro esempio, oggetto di infiniti dibattiti, è stata la prima traduzione dei nomi delle case di Harry Potter. Per rendere i nomi in qualche modo evocativi di una dimensione magico-storica, ci si è discostati completamente dal significato letterale dei nomi e dalla relativa iconografia, cosa che ha creato evidenti cortocircuiti quando il libro è diventato film.
Tradurre implica infinite scelte, che cambiano a seconda del traduttore e persino con il tempo. Il proemio dell’Iliade tradotto dal Monti, che molti hanno studiato a scuola, puntava a un estremo adattamento poetico del testo greco originale, mentre oggi si è orientati a una versione filologicamente più accurata e vicina all’originale.
Elisa: La traduzione non si limita alle opere letterarie, permea la nostra vita presente e sicuramente anche quella passata. Ti vengono in mente esempi storici di errori di traduzione con conseguenze importanti?
Elena: Sì, uno dei più clamorosi è forse quello legato al bombardamento del Monastero di Montecassino durante la Seconda Guerra Mondiale. Un ufficiale americano interpretò erroneamente il termine tedesco abt (abate) come abbreviazione di abteilung (battaglione), credendo che nel monastero fosse nascosto un battaglione tedesco. Questo portò alla distruzione di un patrimonio storico di inestimabile valore.
Elisa: Quanto è importante la specializzazione per un traduttore e la sua conoscenza terminologica di un settore specifico?
Elena: La conoscenza approfondita delle lingue non basta. Personalmente, mi sono trovata a dover capire come funziona un motore endotermico, ad esplorare il linguaggio html, trame, orditi, lavorazioni della pelle… Senza contare che così come un concetto può variare tra diverse culture, in una stessa lingua un termine può assumere significati diversi a seconda del Paese in cui viene usato. Corsi, master, ricerca di risorse e materiali di riferimento: come l’archeologo, anche il traduttore scava incessantemente alla ricerca di informazioni. In questo senso, la tecnologia può agevolare e accelerare il nostro lavoro, ma il ruolo umano resta imprescindibile.
Elisa: Parlando di tecnologia, come lavora oggi un traduttore? Carta e penna o strumenti più avanzati?
Elena: La tecnologia è diventata centrale: CAT tool e memorie di traduzione, traduzione automatica e AI, speech to text e text to speech, strumenti che aiutano a garantire coerenza terminologica e ridurre i tempi di lavoro. Le tecnologie e gli strumenti pensati per agevolare e ottimizzare il nostro lavoro non mancano e viaggiano veloci.
Elisa: Possiamo dire che il traduttore è un vero e proprio “artigiano della parola”?
Elena: Assolutamente sì! Ogni traduzione è un’opera di equilibrio tra fedeltà al testo originale e adattamento alla cultura di destinazione. Ed è proprio questa la sfida che rende il nostro lavoro così affascinante.
Elisa: Grazie, Elena, per questo viaggio nel mondo della traduzione!
Elena: Grazie a te! È stato un piacere raccontare quello che facciamo ogni giorno. E chissà, magari tra i lettori di questa intervista si nasconde qualche futuro traduttore!