L’interpretariato può salvare il nostro cervello?
E’ la domanda che si è posta la neuroscienziata Laura Babcock e alla quale ha cercato di rispondere attraverso un’interessante ricerca condotta durante il suo dottorato a Trieste.Secondo Laura – che nel tempo libero tiene allenato il suo multilinguismo frequentando diversi corsi di lingue – le esperienze di vita possono cambiare il cervello e i processi cognitivi.
Affascinata dall’interpretazione simultanea, in quanto processo cognitivo che richiede un’elevata capacità di gestione del linguaggio, ha dato il via alla sua ricerca esaminando alcuni studi condotti su persone bilingui. Questi studi avevano dimostrato che una pratica intensa e prolungata di due differenti linguaggi porta ad un potenziamento del controllo a livello cognitivo; per questo motivo ci si potrebbe aspettare che gli interpreti possano beneficiare degli stessi vantaggi osservati nei soggetti bilingui.Laura ha, quindi, deciso di esaminare un gruppo di 23 interpreti professionali e un altro gruppo composto da 21 soggetti multilingue e di confrontare i risultati ottenuti da test sulla memoria, test sull’attenzione e test sui tempi di reazione durante l’esecuzione di compiti specifici come, ad esempio, lo Stroop Color Word Interference Test.Il risultato più interessante? Gli interpreti, pur non avendo gli stessi benefici a livello cognitivo di un soggetto bilingue, hanno dimostrato di avere vantaggi specifici sulla memoria verbale e spaziale grazie alla pratica dell’interpretazione simultanea che mantiene “giovane” e costantemente allenato il loro cervello.Per chi fosse curioso di approfondire il tema, Laura Babcock ha raccontato la sua ricerca in un’intervista (in lingua inglese) in questo video “Can interpretation save your mind?“